Caro cliente.
Mi vieni a cercare tu, per avere un servizio, quando io nemmeno sapevo esistessi. Mi presenti il tuo progetto. In fondo, sei un ennesimo progetto, già visto, ma vedo delle potenzialità nel tuo disegno.
Ti ho fatto più consulenze di qualche ora gratuite (scroccate a suon di “vediamoci per una chiacchierata per capire meglio“) durante le quali ti ho ribaltato il progetto in parecchie parti, senza avere nemmeno uno stralcio di firma ma pensando di poter instaurare un rapporto di fiducia.
Alla mia offerta formale, sufficientemente bassa visto il tuo piagnisteo “sono una startup, dobbiamo prendere ancora un investimento importante, ma stiamo trattando“, hai avuto la faccia tosta di chiedermi pure lo sconto. Ho accettato, da parte mia come investimento, visto l’interesse e le potenzialità del tuo progetto.
A metà del percorso del progetto mi avvisi che vuoi bloccare i pagamenti e fermare temporaneamente le attività “perché hai degli imprevisti e delle nuove esigenze“. Ti faccio notare che tutte le attività pianificate fino a quel momento sono state rilasciate da noi puntualmente (e confermate anche dai tuoi riferimenti interni). Accetto tranquillamente la tua richiesta e la tua esigenza, traslando pagamenti e attività, seppure con possibili problemi per me di riallocazione delle risorse. Ti chiedo però di saldare almeno quanto erogato fino a quel momento.
Nello scambio di email ti irrigidisci, alludendo a futili motivazioni di progetto, volendo scaricare su di noi la motivazione del fermo. Cerco di chiamarti per chiarire e cercare di capire come riorganizzare. In una mail mi fai passare per invasivo e poco educato per l’insistenza delle telefonate, alle quali tra l’altro non hai mai risposto. Mi rispondi male alla mail, e mi offendi. Dovresti capire che spesso una telefonata alleggerisce toni, migliora la comunicazione ed è molto più pratica di mille inutili scambi di email frammentate.
Caro cliente della generazione storica del “ti blocco i pagamenti” come leva strategica per far pesare il ruolo nel rapporto professionale alla prima incomprensione, devi capire che quella filosofia del “io sono il cliente e ho sempre ragione” è fuori luogo, non funziona più e più che mai se i rallentamenti al progetto sono i tuoi, dovresti avere almeno l’intelligenza di farti delle domande e capire che stai lavorando male. Ma non male nei miei confronti, ma del tuo business.
Dovresti capire inoltre che il rapporto cliente-fornitore, vista la tua richiesta di flessibilità, di disponibilità di tempo e di risorse aggiuntive tra una telefonata e l’altra, dà vita ad un rapporto diverso, una sorta di partnership se vuoi, nella quale non si tratta più di erogare solo un servizio, ma condividere problemi e criticità, conoscenza e tecnicismi, e magari un giorno anche rete e possibili opportunità.
Se però quando ti pare siamo dei partner, e invece quando ti fa comodo sei il cliente, che ha sempre ragione, che blocca i pagamenti, che può fare l’offeso se esigo un pagamento senza disponibilità di replica da parte tua, se ti puoi permettere di offendermi gratuitamente, vedi, non lo trovo molto giusto e professionale, soprattutto se di solito sono il primo a prendermi la responsabilità se c’è un errore, se sbaglio, se c’è una mancanza o c’è bisogno di recuperare.
Ecco, dovresti capire ancora che il cliente NON ha sempre ragione. E non deve averla solo perché è il cliente.
Adesso, la novità nel nostro rapporto è questa: seppure io sia il fornitore, e tu il cliente che ha sempre ragione, visti questi presupposti e questo tuo approccio, il progetto, a mio avviso, può ritenersi chiuso qui, senza rimorsi, senza indugi e con molta soddisfazione.
Io, non, ho, intenzione di lavorare con gente così. Ciao.
#CertiClientièMeglioPerderli