Leggere articoli relativi alla libertà di internet, alla sua gratuità, alla necessità di modificare la costituzione ed altre riflessioni riguardo alla sua utilità o meno, mi fa pensare. Mi fa pensare che siamo ancora parecchio indietro, non solo tecnologicamente e strutturalmente, ma soprattutto culturalmente.
Alcune analisi recenti riportano che oggi soltanto il 20% delle persone presenti sul nostro pianeta accede ad Internet. Secondo Tim Berners-Lee questi numeri possono esser letti guardando l’altro lato della medaglia, ossia, il restante 80% della popolazione attraverso l’utilizzo di internet potrebbe riuscire ad avere beni e servizi di primaria necessità come acqua e sanità, che oggi non riesce ad avere.
L’attenzione, secondo questa lettura, ricade sul fatto che internet sia, per queste popolazioni, non solo un mezzo aggiuntivo o una commodities, ma un valido strumento per migliorare anche le condizioni di vita: la rete aiuterebbe le popolazioni nello sviluppo culturale, alla condivisione di informazioni, permetterebbe la crescita della consapevolezza e tutti potrebbero beneficiare dell’intelligenza collettiva. Sbloccare l’accesso alla rete, anche a velocità minime o anche solamente locali, sarebbe quindi già un passo avanti di enorme importanza.
Il padre del World Wide Web, durante l’intervento alla conferenza del Nokia World, ha promosso la diffusione di Internet in tutto il mondo ed ha espresso la propria filosofia in merito a quel che dovrebbe essere un diritto invece di un lusso. Secondo Berners-Lee sarebbe sufficiente offrire connessioni a banda stretta così da offrire a tutti la possibilità di collegarsi al Web e sfruttare tutti i vantaggi offerti dalla rete. La chiave per arrivare ad una diffusione massiva ed in larga scala di Internet, secondo Berners-Lee sta nelle connessioni mobili e nella copertura mondiale che potrebbe infatti essere sufficiente ad offrire una connessione limitata in qualsiasi area del globo. Tutti dovrebbero avere la possibilità di accedere ad Internet. A titolo gratuito.
E mentre nel resto del mondo si dibatte sulla gratuità della rete affinchè si possa dare a chiunque, in Italia ci preoccupiamo di modificare la Costituzione per rendere Internet un diritto.
Stefano Rodotà, costituzionalista che già nel 2006 aveva accennato alla Carta dei Diritti per Internet, qualche giorno fa a Roma durante l’Internet Governance Forum, ha lanciato la proposta dell’ articolo 21 bis della Costituzione, dedicato a difendere e promuovere il diritto dei cittadini di accedere a Internet:
“Tutti hanno eguale diritto di accedere alla Rete Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.”
Anche Wired si è schierata a favore dell’articolo 21 bis, aprendo addirittura una petizione on line per far diventare internet un diritto costituzionale.
Mmm. Cioè ci stiamo dicendo che per poter accedere a qualcosa che è nato gratuito, neutrale, aperto ed accessibile, c’è bisogno di modificare la Costituzione?
Al di là della posizione presa da Wired che ritengo l’ennesima azione di Marketing buono al limite tra eccessivo fanatismo a supporto della rete e azione commerciale per la rivista, mi sono letto un bel pò di post per provare a farmi un idea più precisa riguardo a questa proposta.
Tra i vari post che ho letto, oltre quelli di Roberto Dadda e Massimo Melica che ho trovato particolarmente approfonditi e condivisibili, mi è piaciuta molto la nota di Vittorio Bertola su facebook e la discussione che si è generata. Nello specifico ho trovato interessanti un paio di passaggi di Vittorio quando dice:
“…credo che sia importante capire che ciò che si vuole difendere non è uno specifico sistema di telecomunicazione – altrimenti ci si dovrebbe chiedere perché la Costituzione non parli del telefono – ma il modello di interazione sociale, primo nella storia delle comunicazioni, che è sotteso al concetto originario di Internet…”
e ancora
“…ciò che si vuole difendere non è una tecnologia ma una pratica democratica di condivisione e organizzazione dal basso, che permette la realizzazione delle persone e dei loro diritti in modo mai visto prima, e che provvede a una redistribuzione del potere dall’alto verso il basso…”
Ritengo che Internet possa esser utilizzato come forma di tutela della Democrazia e della Costituzione e non il contrario. Pensare di chiudere internet in un articolo della Costituzione o in una legge, sarebbe, secondo me, come dire che lo Stato Italiano si prenda, ingiustamente, un esclusivo ed indipendente potere sulla rete.
Articolo 21bis, no grazie. Io amo internet. Libero e responsabile.