InsideTheShift #2 – The Rise of Cognitive Interfaces

Per anni abbiamo progettato interfacce. Abbiamo disegnato schermate, flussi, pulsanti, menu. Abbiamo imparato a cliccare, navigare, selezionare. Abbiamo costruito ogni percorso utente partendo da una logica: l’utente deve capire cosa fare, dove andare, cosa aspettarsi.

Ma oggi tutto questo sta cambiando. Cambia il concetto di interfaccia. Cambia il modo in cui comunichiamo con la tecnologia. E soprattutto, cambia l’assunto di fondo: non è più l’utente ad adattarsi al sistema, ma è il sistema che inizia ad adattarsi all’utente.

Non parliamo più solo di accessibilità o user experience. Parliamo di interazione mediata da intelligenza artificiale. Parliamo di modelli linguistici che comprendono ciò che chiediamo, che ci rispondono, che agiscono. E che lo fanno attraverso la conversazione, non l’interfaccia grafica.

Dall’interfaccia grafica all’interfaccia cognitiva.

Questo è il tema che approfondisco in InsideTheShift #2, la mia newsletter settimanale.

Un’analisi su un cambiamento silenzioso ma potentissimo: l’interfaccia non è più uno schermo, è una conversazione. L’unità di misura dell’interazione non è più il click, è l’intento. Il passaggio dai menu ai modelli linguistici rappresenta un ribaltamento. Satya Nadella lo ha riassunto con una frase chiave: “Il linguaggio umano è il nuovo strato dell’interfaccia utente”.

Non dobbiamo più sapere dove cliccare. Diciamo cosa vogliamo ottenere. E l’AI esegue.

Dati, segnali e una nuova normalità

Il cambiamento è in atto, ed è misurabile. I modelli come ChatGPT sono stati adottati da oltre 100 milioni di utenti in poche settimane. Sempre più sviluppatori e designer lavorano con strumenti che rispondono a richieste scritte, che generano codice, prototipi, contenuti. Sempre più utenti si aspettano di poter “parlare” a un sistema, anziché navigare.

Stiamo passando da UX progettate come flussi, a esperienze costruite come comportamenti.

Non disegniamo più percorsi, ma progettiamo agenti.

Non pensiamo più in termini di input/output, ma di dialogo.

Progettare per l’intento

Nel testo esploro cosa comporta tutto questo a livello tecnico, strategico e culturale.

Come cambia la UX.  Come evolvono i modelli di servizio. Cosa vuol dire design conversazionale, prompt design, agentic AI.

Parlo di modelli come orchestratori di API. Di agenti che agiscono. Di servizi che si trasformano in esperienze adattive.

Parlo di nuovi ruoli: AI strategist, prompt engineer, conversational designer.

Parlo di strumenti: framework, plugin, pattern che già oggi uso nei miei progetti per costruire queste interfacce del futuro.

Ma soprattutto, parlo di cosa significa tutto questo per le persone. Per le aspettative. Per la fiducia.

Perché ogni volta che cambia il modo in cui interagiamo con la tecnologia, cambia anche il modo in cui immaginiamo il possibile.

Verso interfacce invisibili

Weiser, nel 1991, diceva che “le tecnologie più profonde sono quelle che scompaiono”.

Ecco: stiamo costruendo proprio questo.

Un’interfaccia che non si vede, ma che si sente. Che ci accompagna. Che capisce.

Che, se progettata con attenzione, può diventare una protesi cognitiva, una leva di accessibilità, uno strumento di inclusione e intelligenza diffusa.

Ma, se progettata male, può anche aumentare disuguaglianze, errori, distorsioni.

Serve responsabilità. Serve visione.

InsideTheShift vuole essere un contributo in questa direzione.

Un punto fermo ogni 7gg circa, di mattina, alle 9.41, per leggere ciò che cambia, con uno sguardo strategico, culturale, operativo.

Nel numero #2 della mia newsletter InsideTheShift esploro in dettaglio tutto questo, seguendo la mia struttura editoriale:

📊 dati + 💡 strategia + 🧠 cultura + 🔭 scenari + 📚 risorse + 🧰 toolbox

📬 È online. Ogni lunedì un nuovo shift, per chi vuole progettare il cambiamento invece di subirlo.

👉 Leggi la versione integrale InsideTheShift #2


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