Il tessuto imprenditoriale italiano è caratterizzato da una estesa presenza di piccole e medie imprese (PMI) che, insieme alle grandi aziende di carattere multinazionale e non, operanti principalmente nel settore TLC e automotive, costituiscono la base dell’economia del nostro Paese.
Lo sviluppo di internet e, in particolare, dei social media evidenzia la necessità — e l’opportunità — che le PMI utilizzino gli strumenti messi a disposizione dalla Rete per acquisire vantaggi in termini di competitività e relazioni con il mercato. Essere “social”, oggi, non è prerogativa dei singoli individui ma può essere un vantaggio anche per le PMI italiane.
Ma cosa significa “essere social”, e in che modo questo termine può essere applicato all’attività di tutti i giorni?
Occorre in primo luogo fare una considerazione di base. Le PMI nostrane hanno due caratteristiche peculiari:
- La maggior parte sono a conduzione familiare;
- Hanno un forte legame con il loro territorio di appartenenza.
Questi due fattori consentono agli imprenditori di godere già in partenza di una rete di relazioni collaudata, che consente loro di fare “networking” con fornitori, clienti e altre imprese presenti sul territorio. Un esempio in questo senso è dato dalla estesa rete di aziende che operano nella filiera agroalimentare del centro-nord italia.
Oggi gli strumenti offerti dal web 2.0 (social network, blog, piattaforme VOIP) possono consentire alle aziende di estendere e rafforzare le loro relazioni sul territorio, e possono anche facilitare la creazione di vere e proprie reti d’impresa che possano allargare le attività di business anche oltre i confini nazionali.
Le funzionalità tipiche dei social network consentono l’apertura di profili aziendali in grado di far crescere relazioni dirette e collaborative con i consumatori; possono rafforzare il posizionamento degli imprenditori e offrire canali di relazione diretta con professionisti e aziende del settore. E, dal punto di vista della gestione amministrativa dell’azienda, il web offre anche la possibilità di abbattere i costi legati all’archiviazione documentale e di integrare i processi di office automation.
Affinché tutto questo sia possibile, è tuttavia necessario che gli imprenditori facciano un piccolo sforzo legato alla volontà di comprendere le evoluzioni di Internet e i vantaggi che i suoi strumenti possono offrire in termini reali: riduzione dei costi, incremento delle relazioni B2B e B2C, facilitazione nella creazione di reti d’impresa.
Il passaggio culturale delle PMI è quindi necessario: la cultura digitale deve diventare una vera e propria commodity al servizio dell’imprenditoria italiana e non solo una serie di valori e opportunità ad uso esclusivo dell’utente della rete.
Una PMI che affronta quindi un progetto evolutivo verso il social deve valutare consapevolmente il passaggio che sta per affrontare e non deve sottovalutare l’impatto che questo cambiamento avrà sull’azienda, sui processi e sul modello operativo. Il progetto dicomunicazione d’impresa che sarà intrapreso dovrà, infatti, essere integrato all’attività dell’azienda stessa, come sistema coordinatodi strumenti con cui esprimere la Corporate Identity e gestire il dialogo con gli utenti, e non dovrà esser gestito come una attività a parte, scorporata dal resto del piano strategico aziendale.
Operativamente significa, dunque, che sarà necessario organizzare tutte le attività e gli strumenti attivati parallelamente ai modelli tradizionali, riuscendo però ad orchestrare il tutto in modo coerente ed organico, con un progetto di più ampio respiro e di orizzonte temporale più lungo, pianificato in funzione delle specifiche caratteristiche, esigenze e strategia dell’azienda. La comunicazione d’impresa deve esser ritenuta un fattore competitivo che richiede un investimento a medio-lungo termine e un piano di lavoro ben definito.
Il processo che porterà una PMI a potersi definire Social, è composto da più passaggi fondamentali: il primo passo è la fase dell’ascolto , fase in cui si inizia a monitorare le conversazioni. Tale passaggio è propedeutico al lavoro d’interazione e dialogovero a e proprio, che porterà l’azienda alla creazione di una relazione tra brand e cliente finale. L’obiettivo è di valorizzare gli utenti e dar loro la sensazione di essere ascoltati e compresi nelle proprie esigenze, nonché tenuti in considerazione nelle decisioni. Il terzo step è il coinvolgimento attivo degli utenti, ed è la fase in cui bisogna rendere il cliente “motore e promotore dell’innovazione dei propri prodotti o servizi” e trasformarlo in ambasciatore del marchio.
Come già detto la fase dell’ascolto permette all’azienda di capire quale sia il target di riferimento: chi parla del brand in genere è anche chi è interessato ai prodotti, e quindi è un potenziale cliente. Non solo. Chi legge i commenti online – reperibili in rete in qualunque momento, anche nel medio e lungo periodo – che riguardano un brand specifico è un altro potenziale cliente. Identificare gli utenti che parlano di un brand, come ne parlano e dove ne parlano permette all’azienda di analizzare gli utenti, individuare gli influencer e studiare la strategia adatta per poter definire e pianificare meglio gli step successivi.
Una volta individuati i potenziali utenti e aver identificato le possibili piazze virtuali in cui si discute di temi analoghi al prodotto e dove nascono le discussioni, si procederanno con la fase dipartecipazione attiva alla conversazione. A secondo della strategia definita, le metriche di giudizio saranno differenti. E’ importante sottolineare che, tuttavia, non sono applicabili le logiche del marketing tradizionale per valutare i risultati di una campagna di Social.
Costruire una propria identità social in Rete richiede tempo, impegno e professionalità. I principi di democrazia della Rete, basati sulla cultura della partecipazione, sugli user-generated content e sulla libertà di accesso ai contenuti hanno forti implicazioni per le attività commerciali di qualsiasi azienda.
In primo luogo, oggi i consumatori dispongono degli strumenti che consentono loro di verificare la bontà delle offerte, e più in generale, della comunicazione di qualsiasi impresa. Le persone dialogano sui social network, si scambiano pareri e informazioni su blog e forum; e molto spesso l’azienda non partecipa a queste conversazioni, o addirittura ne è totalmente all’oscuro.
Chiunque navighi su internet entra dunque in contatto con i giudizi, i commenti, le notizie fatte circolare sul web riguardo a un’azienda, un ente pubblico o un personaggio. Ciò che si legge e/o si vede sulla Rete influenza il giudizio degli altri e la reputazione del marchio. E così anche i giudizi, le notizie, i commenti su un’azienda, soprattutto quando sono negativi, si diffondono molto velocemente.
Saper ascoltare la rete e dialogare con le persone che ne fanno parte è oggi fondamentale, e può offrire dei vantaggi consistenti in termini di notorietà, customer satisfaction e vendite.
Dalle ricerche emerge come i vantaggi principali nell’uso dei social media per le aziende sono sette:
- Maggiore visibilità del marchio e dei prodotti aziendali (per l’85% delle aziende);
- Incremento del traffico verso il sito web aziendale (per il 63% delle aziende);
- Supporto alla costruzione di nuove relazioni commerciali (per il 56% delle aziende).
- Migliore posizionamento sui motori di ricerca (SEO) 54%
- Acquisizione di contatti in target 52%
- Supporto alla vendita di prodotti e servizi 48%
- Riduzione degli investimenti in pubblicità tradizionale 48%
Gli strumenti più utilizzati sono i social network come Facebook (utile soprattutto per creare community intorno al brand o a specifiche iniziative commerciali), LinkedIn (per rafforzare le relazioni B2B con altri imprenditori, anche verso l’estero), i blog (per creare canali di conversazione informali e partecipativi con il proprio target), e YouTube (i video sono molto efficaci per presentare le caratteristiche di nuovi prodotti e servizi). Twitter, anche se ancora poco conosciuto nel nostro Paese, è uno strumento molto efficace per comunicare news e informazioni in tempo reale al proprio mercato di riferimento. Un ulteriore strumento che in futuro potrà offrire ulteriori vantaggi alle PMI è Foursquare, molto efficace per stimolare le occasioni di incontro sul territorio e promuovere specifiche iniziative commerciali.
Già oggi l’80% delle persone attive sulla Rete dà per scontato che le aziende debbano essere presenti sui social network come, ad esempio, Facebook. Le pagine aziendali sono mediamente più seguite (68%) perfino rispetto a quelle dei personaggi pubblici/famosi (62,5%). Altra indicazione chiara è l’ “affetto” dell’utente di Facebook all’azienda di cui diventa fan: nel 72,8% dei casi è infatti scelta proprio per hobby o interessi personali, nel 55,6% per essere informato rapidamente,nel 48% per interesse professionale, e infine nel 31% dei casi per senso di appartenenza. C’è però anche chi si stanca, e il motivo più diffuso è per i troppi messaggi (64,7%) o per quelli troppo pubblicitari (49,6%) o perché troppo ripetuti e non interessanti (41%).
L’importante, per la PMI che decide di essere presente e attiva su questi strumenti, è che si pianifichi una comunicazione corretta, che coinvolga l’utente/fan, che gli riconosca l’importanza di aver associato il proprio nome a quello della pagina, che gli riconosca correttamente ruolo e intelligenza. Le persone, infatti, non gradiscono messaggi troppo o esclusivamente commerciali, mentre desiderano un dialogo trasparente e diretto.
Le due caratteristiche delle PMI italiane (conduzione familiare e forte legame con il territorio) costituiscono un terreno estremamente fertile alla costruzione di un’identità online che comprenda gli elementi “social”:il territorio di appartenenza (comune, provincia, regione) è infatti la prima community in grado di aggregare tutti gli stakeholders dell’azienda intorno a valori comuni: quelli espressi dal brand, dai prodotti e/o dai servizi offerti.
Essere social diviene, in questo modo, proprio lo strumento più naturale per fare innovazione imprenditoriale.
Be social è un must, per le PMI che vogliono e devono innovare.