Ho sempre amato le costruzioni fin da piccolo e ho sempre avuto una innata curiosità nel capire cosa ci fosse dentro ad ogni cosa.
Mi sono sempre “classificato”, così come immagino capiti a molti – se non tutti – quelli della mia generazione (o giù di li), un piccolo costruttore/distruttore: smontavo pc, assemblavo pezzi, provavo a costruire piccoli impianti elettronici, modificavo la forcella del Ciao con quella del Si e volevo personalizzare ogni cosa.
Anche quando presi il mio primo cellulare Nokia, per quanto fosse costato, lo smontai per capire come funziova: via batteria, antenna e pezzi vari e poi esperimenti per interfacciarlo con il pc attraverso la porta COM per mandare sms con comandi DOS e AT. Fantastico.
Allo stesso tempo, riguardandomi con occhio più critico a posteriori, ero probabilmente un consumatore vorace di contenuti prodotti da altri: tv, giornaletti, fumetti, giochi per amiga, giochi per il Commodore e così via.
Eravamo Makers, ma di prodotti fisici e consumer di contenuti.
Per noi era importate l’oggetto, il contenuto veniva dopo: ci interessava la fisicità dell’oggetto, le sue componenti e la sua composizione.
Ormai son passati un po’ di anni. Vivo la rete ogni giorno e forse mentre scrivo mi rendo conto che ormai è una cosa ovvia, ma oggi quando guardo mio figlio di due anni interagire con il tablet, giocare con le applicazioni, cliccare per produrre le sue immagini ed i suoi suoni, rimango sbalordito. Senza saperlo sta già condividendo i suoi contenuti con me, con sua madre e con i miei amici. I telecomandi, gli interruttori, le luci e tutto ciò che è touchable non ha segreti e non ha bisogno di esser spiegato. E’ tutto naturale.
Non penso di esser lontano secoli dalle generazioni attuali, ma vedo che i comportamenti, la tecnologia, la rete e tutto quello che hanno oggi, ha fatto un percorso secolare in pochi anni. Non c’è più bisogno di sbattersi per sintonizzare la testina del lettore dei nastri del commodore o di allungare una antenna per far prendere meglio il baracchino, o provare una barra di memoria diversa perché quella di prima è incompatibile. No, non devo overcloccare il processore, cambiare il carburatore, abbassare la testata o mettere qualcosa di più potente: è così, funziona e si deve solo utilizzare.
La curiosità è cambiata, l’attenzione si è spostata. C’è una assenza di interesse – quasi totale – sul come funziona l’oggetto fisico in se e per se, perché è normale, oggi, che faccia quello per cui è stato prodotto. L’attenzione non è sul come funziona, ma sul risultato, sul tempo e sulla qualità… sul contenuto. Prendete per esempio gli smartphone, un iPhone: un solo tasto, nessuna batteria da cambiare, nessuna antenna: è fisiologico che l’attenzione si sposti dall’oggetto al contenuto perchè in fondo non c’è modo e necessità di fare altro.
Tutto si è completamente invertito. C’è stato un capovolgimento totale tra l’essere Makers ieri e oggi. Un cambio di paradigma importante.
Oggi il makers produce contenuti ed è un consumatore di tecnologia.
Non esistono più i makers di una volta qualcuno direbbe. Vero da una parte, ma non sarà solo tutto contenuto. No, c’è bisogno di concretizzare, di dare vita a qualcosa di fisico e di tornare a produrre fisicamente: le stampanti 3D sono dietro l’angolo e le tecnologie sono mature per questo. La differenza rispetto a prima sarà sostanziale perchè non saranno solo assemblaggi come facevamo una volta: costruiremo e daremo vita ad oggetti ed idee che abbiamo prima realizzato virtualmente.
Buona creazione, makers!
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