Questa mattina, come capita spesso, son partito all’alba da Roma verso Milano. In treno, aperto il pc, ho iniziato a leggere le email ricevute questa notte. Ad un certo punto leggo una mail, dall’oggetto “Opportunità”, che recita testualmente:
“Ciao Fabio, ho tutti grossi clienti. So che tu hai tante idee e sei sempre sul pezzo, vedi se ti viene in mente qualcosa da proporre. Se me ne mandi qualcuna per i miei clienti, le metto su due slide e ci vado a parlare. Ovviamente poi se parte la cosa ti attivo una nostra email”
Eh si, mi sembra un approccio perfetto: du’ etti de idee a portà via, grazie.
Ora io mi domando a vorrei domandare alle persone che ragionano così oggi:
- se ho tante idee perché dovrei mandarle a te, e tu dovresti andare dal tuo cliente, con il tuo brand a proporle valorizzando così solo te e non me?
- perché non mi proponi di andare insieme? Penso che potrei valorizzarle anche di più quello che ho in mente e magari potrei contestualizzare meglio il tutto, conoscendo anche l’interlocutore. Che ne dici?
- non pensi che una idea, possa avere necessariamente bisogno di tempo per esser partorita e anche di studio, analisi e perchè no di un confronto per capire processi, problemi, criticità, punti di forza?
- non sarebbe meglio forse parlare di “hai per caso spunti o casi interessanti da cui prendere spunto”?
- se si tratta di una opportunità, come scrivi nell’oggetto, deve esserlo per tutti e due, fin dall’inizio: il cliente e la sua esigenza + il tuo contatto e la tua competenza + la mia idea e la mia competenza, questa è l’opportunità principale. Poi tu conoscerai la mia idea, io il tuo contatto, il tuo contatto me: e l’opportunità è win per tutti.
- ti è mai capitato di giocare al gioco del telefono? E se si, non hai imparato che il passaggio di parole con informazioni mancanti o non poca chiarezza, genera distorsioni e mostruosità?
- se non hai idee e non hai prodotti, in un mercato come questo, fortemente aggressivo e veloce, ma forse una domanda su di te, sulla tua azienda, sul tuo modo di aggiornarti ed il tuo vero business, dovresti anche fartela, no?
- se non conosci il tuo cliente tanto da capirne le esigenze, individuare dei problemi da risolvere, avere la consapevolezza di cosa puoi migliorargli, ma tu nel rapporto che ci stai a fare, il link? No, non lo sei, sei più precisamente un referral link e l’unico beneficio che porti è a te stesso.
- non ti viene in mente che se io/noi siamo sempre sul pezzo, questo esser sempre aggiornati e freschi di idee abbia un costo ed un valore?
- ma non pensi che una volta che hanno il mio nome e cognome, anche se io fingessi di lavorare con te, il buon santo google, potrebbe smentirci e farci fare una galattica figura di merda?
- non pensi che sarebbe meglio mettersi a tavolino un secondo, capire – anche rapidamente – con chi vogliamo andare a parlare, individuare delle criticità e delle opportunità e andare con le idee chiare?
- ti sei domandato cosa succede se dopo la presentazione non si concludesse nulla? Tu saresti comunque il suo contatto sempre sul pezzo e preparato, ed io il perfetto sconosciuto.
- visto che mi chiedi di firmare anche un NDA per potermi dire chi è il cliente, ti dispiace se ti faccio firmare un NDA che ti blocchi dal poter vendere qualsiasi soluzione vicino alla mia idea?
- pensi forse che io sia il genio della lampada che lo strofini quando vuoi e sforna desideri?
Personalmente ho sempre ritenuto che il network e la rete di contatti di una persona sia un enorme valore sul quale poter costruire anche delle opportunità. Ma non è questo il modo di “usare” una rete di contatti e generare valore. E non si può esser alla ricerca di idee di business, dagli altri.
Questo approccio è il male del business, soprattutto in questo momento: venditori di servizi e prodotti di altri che, oltre ad un contatto, non mettono valore aggiunto ne per il cliente, ne per la relazione professionale, ne tanto meno economicamente. E’ un danno per tutti, è uno stratificare tempi e costi, senza valore aggiunto.
Le idee, la visione del mercato e la capacità di eseguire progetti, non può esser merce di scambio continuamente e non si può pretendere di svenderla solo perché “tanto al cliente non ci arrivi” o “se ci arrivi devi passare da me”.
Non abbiamo più la possibilità di continuare a lavorare in questo modo: il mercato richiede – e verifica – che ci sia trasparenza, disintermediazione, competenza, velocità, aggiornamento e sperimentazione continua.
Al prossimo che mi chiede due etti di idee a portà via, risponderò “Che faccio metto anche due fette di culo vicino all’osso? Lascio, signò?”