Che piaccia o no, lo sport è un’industria ed è quella che ha il peso maggiore nel comparto dell’intrattenimento con un volume d’affari globale che supera gli 1,5 trilioni di dollari ed un potenziale di “influenza” sbalorditivo: secondo una recente indagine di Crowdynews nel mondo i tifosi di calcio sono oltre 4 miliardi (più della metà dell’intera popolazione mondiale); solo negli Stati Uniti, l’86% degli adulti si proclama “fan sportivo” ed il 24% definisce la propria passione “molto intensa”.
Un’industria globale ricchissima che oggi deve fare i conti con le richieste di un pubblico sportivo (non solo tifosi ma anche fan e semplici appassionati) sempre più esigente che chiede un’esperienza più profonda e coinvolgente con la propria squadra, il team, il singolo atleta. Per capire che non si tratta di “parole al vento” basta guardare l’esplosione che ha avuto il mercato degli eSports (215 milioni di membri, audience destinata a crescere generando un fatturato di oltre 1,1 miliardi di dollari da qui al 2019); il perché di tale boom è spiegabile in modo molto semplice: la user experience dei fan è molto coinvolgente e personalizzata!
È infatti per questo motivo che dagli ultimi due anni stiamo assistendo ad una battaglia “a colpi di news” dei team e dei brand sportivi; tra lanci di nuove piattaforme ed iniziative digitali stanno cercando di trovare la propria via per un ingaggio dei propri fan più efficace (non solo per l’experience delle persone ma anche dal punto di vista dei ritorni per l’azienda sportiva: più ingaggio significa più vicinanza al brand anche dal punto di vista della spesa da parte del tifoso).
Esperienza fisica e digitale: non ha più senso considerarle separatamente
Non è certamente un percorso facile, customer experience ed engagement vogliono dire tante cose, hanno sfaccettature infinite; solo per il fatto che “toccano” la persona hanno una componente di soggettività non trascurabile. Naturalmente ogni Club vuole offrire la migliore esperienza possibile ai propri tifosi, obiettivo che non ha un vero e proprio traguardo e che deve fare i conti con un mondo dove fisico e digitale non sono più nemmeno due facce di una medaglia ma sono al tempo stesso l’una e l’altra faccia, in un intreccio continuo dove anche solo separare concettualmente esperienza fisica e digitale non ha più senso.
L’attenzione al digitale facilita ovviamente la relazione tra brand, atleti, squadra e team con i fan anche fuori dall’arena sportiva e aiuta i tifosi a condividere la loro passione ma nella miriade di contenuti che quotidianamente vengono generati, sapere di poterli distribuire online, in streaming, via mobile, via social non basta.
Social network e sport, legame sempre più forte
La scelta dei canali attraverso i quali reperire, accedere e fruire di contenuti oggi è sconcertante. Trasmettere in diretta TV una partita non è più un plus nemmeno per i brodcaster, soprattutto dopo l’arrivo di Facebook che con Facebook Live sta cercando di “rubare” un po’ di mercato ai broadcaster sportivi puntando sui contenuti generati dall’esperienza condivisa e live dei fan.
Oggi il legame tra sport e social media è sempre più forte perché piattaforme come Twitter e Facebook sono inondate di statistiche dal vivo, analisi e reazioni che non solo coinvolgono i fan durante le partite ma li tengono “agganciati” all’evento sportivo e alla squadra anche dopo (spesso anche prima dell’evento stesso).
Secondo alcune recenti analisi di Nielsen, la stagione calcistica americana genera il 43% delle attività settimanali negli Stati Uniti su Facebook e il 33% delle attività settimanali su Twitter.
Una “condivisione sociale” che permette a chi si occupa di marketing sportivo di monitorare i parametri di coinvolgimento nei punti chiave (in che momento, in occasione di quale avvenimento, in reazione/risposta a quale contenuto, ecc.), facilitando un targeting migliore della propria fanbase.
Puntare sul contenuto per “creare ricordi”
Ma anche gli account social delle squadre sportive, da soli, non bastano a far sentire il tifoso coinvolto e “parte della squadra”. A giocare un ruolo determinante sono i contenuti, l’accesso a informazioni prima “inaccessibili” (come il poter monitorare il proprio giocatore preferito dagli spogliatoi fino al campo o vivere attraverso la realtà aumentata una esperienza di gioco accanto all’atleta), la possibilità di ricevere promozioni personalizzate o servizi che non hanno nulla a che vedere con un prodotto ma con la creazione di “connessioni emotive”, come per esempio ricevere in regalo da parte del Club, il giorno del proprio compleanno, un selfie a bordo campo con il proprio eroe sportivo.
La relazione del pubblico più giovane verso il mondo dello sport si gioca su elementi come questi, sull’emozione, sul ricordo, che non si costruiscono più semplicemente guardando la partita alla TV o allo stadio. L’esperienza personale e la sua condivisione sono due elementi determinanti i tifosi più giovani vogliono sentirsi protagonisti di una storia, di un evento, di un momento e di una squadra.
Oggi le tecnologie per costruire una experience di questo tipo ci sono, così come ci sono i dati per aiutare i Club a modellare una strategia di fan engagement efficace. Quello che a mio avviso ancora manca è la cultura dei team sportivi verso questo tipo di attività. Le tecnologie digitali non si fermano, così come le aspettative dei fan. Tocca alle organizzazioni sportive “tenere il passo”.
Questo non significa dimenticarsi la propria “natura” di Club sportivo; dopotutto è il team, la squadra stessa al centro e al cuore dell’esperienza del fan. È la squadra la “calamita” dei contenuti, dell’esperienza, dell’ingaggio… l’elemento che “attira” i tifosi. Tuttavia, le opzioni di coinvolgimento dei fan stanno cambiando ed i tifosi stanno dimostrando di volere “percorsi alternativi” per potersi legare alla propria squadra del cuore. La battaglia per il fan engagement è certamente dura, ma solo se i Club inizieranno a rendersi conto di questi cambiamenti sviluppando un’offerta nuova di contenuti ed esperienza si potrà dire di averla vinta.